
Gli antispecismi in discussione. Leonardo Caffo dell’Università degli Studi di Torino, Marco Maurizi dell’Università degli Studi di Bergamo e Oscar Horta, dell’Università di Santiago di Compostela. Conferenza del 13 febbraio 2013, Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma
Cosa significa esattamente antispecismo, cosa si intende per liberazione animale e quali le strategie, i metodi più efficaci per analizzare e decostruire l’attuale società basata sullo sfruttamento degli animali? È proprio nella speranza che dal confronto e dibattito di differenti posizioni possa emergere un dialogo costruttivo che nasce questo incontro cui ha assistito un’aula gremita di persone, segno di un sempre maggiore interesse, non solo da parte di attivisti già da tempo coinvolti nel movimento per i diritti animali, ma anche di chi, in qualche modo – non potendo più eludere la sconfinata portata dello sfruttamento e sterminio sistematico degli animali e il loro immenso dolore – è interessato a saperne di più.
A Leonardo Caffo spetta l’onere – nonché l’onore – di aprire la conferenza e di illustrare sommariamente, ma in maniera precisa e puntuale, lo stato dell’arte dell’antispecismo: da come si è passati dagli animal cognition agli animal studies, da Jacques Derrida e la sua denuncia del termine “animale” sotto al quale, riduttivamente, si andrebbero ad appiattire non solo un’infinità di specie diverse – ognuna dotata di caratteri e comportamenti propri – bensì la peculiarità di ogni singolo individuo, alle teorie di coloro che vengono all’unanimità considerati i padri fondatori del movimento per la liberazione animale, l’utilitarista Peter Singer, che pubblica nel 1975 Animal Liberation e il giusnaturalista Tom Regan, che nel 1983 dà alle stampe The Case for Animal Rights.
Ciò che accomuna Singer e Regan è la definizione di “specismo” in quanto frutto di un pregiudizio morale che porterebbe i membri di una specie a discriminare e sfruttare i membri di tutte le altre per fare gli interessi della propria. Questa definizione rimane però in qualche modo insoddisfacente perché non spiega ciò che è alla radice di questo pregiudizio morale, che sarà invece chiarito ed elaborato successivamente da David Nibert – ma già in precedenza i francofortesi Adorno e Marcuse avevano affrontato la questione in quella visione –, secondo il quale le ragioni sono da ricercarsi nella storia e nell’organizzazione di potere verticistico della società.
Arriviamo quindi ai giorni nostri, ai veri protagonisti della conferenza: Marco Maurizi, ad oggi considerato il teorico più preparato e raffinato dell’antispecismo politico, Leonardo Caffo, sostenitore dell’antispecismo debole e Oscar Horta, che ci spiega quanto lo specismo permei interamente la nostra società senza che i singoli riescano a rendersene conto.
Marco Maurizi parte dall’analisi della realtà fattuale, non della realtà quale si vorrebbe che fosse. Cosa ci dice questa realtà? Che gli individui, lungi dall’esser tali e di poter compiere delle scelte in completa autonomia, sono gli effetti di un sistema socio-politico di dominio e oppressione che si è andato a strutturare, a partire dall’organizzazione gerarchica avvenuta in seno alle prime società stanziali, via via in maniera sempre più raffinata fino ad arrivare alle aberrazioni dell’odierna società capitalistica. Nel suo Al di là della natura, un testo imprescindibile dell’antispecismo politico, ricostruisce la genealogia dello specismo quale prassi e ideologia nata per giustificare il dominio dell’uomo sulla natura, dell’uomo sull’uomo e di questo sugli animali.