
Il fuoco è considerato qualcosa di vivo. È in perpetuo movimento, cambia forma e colore. Consuma, produce suoni e riscalda. L’uomo può crearlo o soffocarlo, soffiarvi sopra per ravvivarlo oppure, sempre soffiandovi sopra, spegnerlo. Il fuoco è l’unica cosa sulla faccia della terra che l’uomo può sopprimere o riportare in vita. La maggior parte di ciò che gli esseri umani creano o fabbricano ha a che fare col fuoco, e anche la maggior parte di ciò che distruggono, o rovinano. Il fuoco è un amico che aiuta a vivere, disinfetta, purifica ma è anche un temibile nemico. Forse, nel dominio sul fuoco, è insita anche la chiave per comprendere la morte.
Di tutte le creature terrestri l’uomo è l’unico a capire il significato della morte. È strano, perché tutti gli animali sono circondati dalla morte, la provocano ogni giorno. Eppure, la consapevolezza della morte è peculiare all’uomo e si esprime, ad esempio, nelle usanze di sepoltura, comparse per la prima volta sulla faccia della terra circa centomila anni fa.
La coscienza umana si differenzia da quella degli animali principalmente in due cose: per la conoscenza del fuoco e della morte. C’è un nesso fra queste due cose. L’una genera l’altra. La conoscenza del fuoco ha fatto sì che l’uomo controllasse la natura, ma l’ha anche trasformato in un essere malinconico, consapevole dell’ineluttabilità della morte.
Il vecchio africano sventola il ramo durante l’intero discorso.
Fuoco amico, Abraham B. Yehoshua