
Bob Clampett, Warner Bros
Oltre a contenere un'immagine non usuale, fuori dallo standard del cartoon originale, in alcuni punti questo scritto non è una lettura piacevole. Sentitevi liberi di decidere se continuare a leggere.Un giorno, mentre mi trovavo nella biblioteca universitaria, presi dagli scaffali un libro intitolato An Autobiography: The Story of My Experiments with Truth. L'autore era qualcuno di cui riconobbi subito il nome e la cui visione del mondo conoscevo almeno parzialmente per via indiretta. In effetti, non avevo mai letto niente di suo. Il suo nome era Mahatma Gandhi. (…)
Gandhi aveva decisamente ragione su alcune cose. Mangiare animali, mangiare la loro carne, come facevo io, di certo favorisce il loro massacro, la loro morte violenta e assolutamente terribile. (…) Inoltre, da quanto cominciavo ad apprendere sull'alimentazione, venni a conoscenza del fatto che non era necessario mangiare carne per godere di una corretta alimentazione. A questo punto tutto era chiaro: il massacro di animali a scopo alimentare è qualcosa di inutile. (…)
Dalla lettura di Gandhi avevo appreso che alcuni indiani consideravano il cibarsi di una mucca come qualcosa di totalmente ripugnante. Capii allora che a me succedeva lo stesso con cani e gatti: non avrei mai potuto mangiarli. Le mucche erano così diverse dai cani e dai gatti da richiedere una considerazione morale differente? E i maiali, anche loro erano diversi da cani e gatti? Forse qualcuno degli animali di cui mi nutrivo era così diverso da cani e da gatti? (…)
Abitando in città, non possedevo una reale conoscenza diretta delle condizioni degli animali d'allevamento e, prima di leggere Gandhi nessun interesse al riguardo. Dopo che venni sedotto dal pensiero di Gandhi, capii che dovevo rendere visibile l'invisibile; dovevo, per così dire, entrare nelle stalle e vedere cosa vi succedeva. (…)
Nelle settimane seguenti visitai altri mattatoi più grandi e osservai centinaia di maiali e migliaia di polli mentre esalavano il loro ultimo respiro in enormi catene di smontaggio e di morte. (…) Non dimenticherò mai queste carneficine, le cui proporzioni non avrei mai immaginato se non le avessi viste con i miei occhi. (…)
La maggior parte di questi animali, miliardi di animali, soffre ogni singolo minuto della propria esistenza. Sono fisicamente malati, minati da malattie croniche e debilitanti. Sono annientati psicologicamente, oppressi dal sommarsi di disorientamento e depressione. Visti da lontano, possono sembrare gli animali che abbiamo visto nelle figure dei libri della nostra infanzia. Visti dall'interno, nel loro presente, non sono altro che ombre tragiche e patetiche dei loro forti antenati. Tuttavia, la pienezza del loro essere si conserva, in attesa di essere liberata (…)
Qualche anno fa, la rete televisiva Home Box Office mandò in onda un filmato intitolato Amare o uccidere: uomini e animali, filmato allo stesso tempo affascinante ed inquietante, nel quale veniva raccontato come differenti culture trattino in maniera molto diversa i medesimi animali. In uno spezzone particolarmente agghiacciante si veniva idealmente invitati a cena in un piccolo villaggio cinese.
Tutti siamo al corrente che in alcuni ristoranti i clienti scelgono la loro cena tra aragoste e pesci vivi. E di come, dopo la scelta, l’animale venga ucciso ed il cuoco prepari il piatto desiderato. Nel ristorante cinese del filmato, le cose funzionavano allo stesso modo, ad eccezione della composizione del menù. In questo ristorante, il cliente sceglieva tra gatti e cani vivi.
Il filmato procede con sistematicità. Prima si vedono i clienti che guardano cani e gatti, pigiati uno sull’altro in gabbie di legno; poi li vediamo discutere tra loro fino a quando prendevano una decisione; infine vediamo un uomo (probabilmente un cuoco) che con delle lunghe tenaglie di metallo, afferra una soffice gatta bianca e si allontana verso la cucina. Quel che segue non è una lettura piacevole, quindi sentitevi liberi di passare direttamente al paragrafo successivo.