
Louis-Ferdinand Céline, 1933.
«Un giornale coi fiocchi, il Temps!», attacca Arturo Ganate. «Non ce n’è un altro come lui per difendere la razza francese!». «Ne ha davvero bisogno la razza francese, visto che non esiste!», gli rispondo di rimando per dimostrargli ch’ero anch’io documentato in proposito.
– Ma sì! Ce n’è una! Ed è una bella razza! – insiste lui, – e anche la più bella del mondo, e becco chi non lo crede. – Ed eccolo in vena d’insolentirmi. Io tengo duro, beninteso.
– Non è vero! La razza, quello che tu chiami così, è soltanto un’accozzaglia di poveracci del mio stampo, sfessati, pidocchiosi, scoglionati che sono finiti qui perseguitati dalla fame, la peste, i tumori e il freddo, venuti, vinti, dai quattro angoli della terra. Non potevano andar più oltre, ché c’era il mare. Questa è la Francia e questi sono i francesi.
Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte. Traduzione di Alex Alexis